Il cammino del mago

Titolo: Jude l’oscuro (Jude the obscure).
Scrittore: Thomas Hardy.
Genere: drammatico, sentimentale.
Editore: Newton Compton.
Anno: 1895.
Voto: 7.
Dove lo trovi: qui


Avevo a casa da decenni, ormai, il romanzo Jude l’oscuro, scritto da Thomas Hardy nel 1895. Probabilmente, da ragazzino, mi aveva attirato l’aspetto “oscuro” e ribelle promesso dal titolo e dalla sua fama, salvo poi non avermi mai chiamato alla lettura.

Alla quale ho proceduto ora, un po’ per curiosità e un po’ per chiudere finalmente quel portoncino rimasto aperto per così tanto tempo.

I risultati sono stati altalenanti, in tutto: intanto, il romanzo non mi ha catturato granché all’inizio, forse per l’eloquio al contempo naif e formale del periodo vittoriano, salvo poi riprendersi in seguito, una volta che gli eventi si sono “messi in moto” con una certa intensità… per poi infine precipitare nel suo finale davvero poco incoraggiante, il quale sembra quasi confermare la morale del tempo, piuttosto che smentirla come il testo aveva sembrato fare sino a poco prima della sua conclusione.

Passiamo alla trama sommaria: Jude Fawley vive in una regione immaginaria dell’Inghilterra occidentale, in un piccolo borgo. Sin da bambino sogna di elevarsi culturalmente e socialmente, fino a diventare un sacerdote, un curato o qualcosa di affine. A tal scopo, impegna molto del suo tempo libero nello studio dei sacri testi, del latino e di tomi religiosi, per prepararsi a quando potrà far domanda di ammissione in qualche collegio religioso… possibilmente nella città di Christminster (una sorta di Oxford), da lui lungamente e ampiamente sognata e idealizzata (pur se mai “corrisposto” in tal senso).

Nel mentre, porta avanti piccoli lavori, divenendo un abile scalpellino e sposando Arabella, per poi scoprire assai presto che si è trattato di un matrimonio di pessima fattura: lei è troppo rozza e materiale per i suoi gusti, mentre sua cugina Sue si dimostra assai più affine a livello di animo.
Ma a quel punto lui ha alle spalle un matrimonio con separazione, mentre la cugina viene corteggiata dall’anziano maestro Phillotson, vecchio insegnante di Jude stesso.

Un commento di fondo sulla trama: nel periodo di uscita del romanzo, fu giudicata, dagli ambienti religiosi e “per bene”, immorale… laddove al giorno d’oggi non smuoverebbe nemmeno il più fervente dei parroci, anche perché, a ben guardare, quello che è stato dipinto come un “romanzo immorale” è in verità una sorta di trattato sulla morale, senza alcunché di scabroso e, anzi, molte pontificazioni e molti sforzi di elevazione e impegno personale (pur se, a conti fatti, vanificati in ogni direzione, in omaggio alla morale del tempo, che in pratica schiaccia tutto il resto, compresi amore, affinità elettive, senso della giustizia e del decoro).

Credo che non leggerò mai più Jude l’oscuro: pur essendo molto intenso e appassionante a tratti, si perde parecchio nella sua componente morale-religioso-filosofica, per poi presentare al lettore una sorta di conto karmico davvero poco bello a vedersi. In effetti, il romanzo di Hardy se la gioca come uno dei finali più tristi e scoraggianti che abbia mai letto in un libro... contrariamente alla fama di "ribelle" che ha il romanzo, il quale ha comunque oggettivamente il suo valore (e narrativo e di memoria storica).

Fosco Del Nero


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Titolo: La prosivendola (La petite marchande de prose).
Scrittore: Daniel Pennac.
Genere: commedia, giallo.
Editore: Feltrinelli.
Anno: 1990.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


Avevo già letto un romanzo di Daniel Pennac, ossia Il paradiso degli orchi, valutandolo discretamente bene. Perciò, oramai molti anni fa, avevo comprato un altro libro dell’autore francese, e della medesima saga, quella dedicata a Benjamin Malaussène: La prosivendola.

Anche se, a onor del vero, questo è il terzo romanzo della saga, mentre il secondo è La fata carabina.
Ogni libro è comunque indipendente, per cui non serve aver letto anche gli altri.

L’impatto con La prosivendola tuttavia non è stato dei migliori: ho provato a iniziarlo due volte, fermandomi entrambe a poche pagine dall’avvio, per riprendere il cimento in tempi recenti, stavolta motivato a terminare il testo.

C’è l’ho fatta, ma con una certa lentezza e poco entusiasmo.

Ecco la trama de La prosivendola: Benjamin Malaussène riceve una notizia poco gradita, ossia il venturo matrimonio della sorella minore Clara con un uomo enormemente più vecchio di lei, Clarence di Sant'Inverno. 58 anni dell’uomo contro i 18 della ragazza: normale che il fratello maggiore non veda la cosa di buon occhio.

La questione sembra esser messa da parte quando l’uomo, direttore di un carcere, viene brutalmente assassinato, nello stesso carcere, ma si riapre nel momento in cui Clara dichiara di essere incinta… e soprattutto quando Benjamin rimane vittima di un attentato, che sembra essergli stato fatale, cosa che farà reagire i suoi numerosi cari in modi diversi.

La fidanzata Julie, in particolare, sembra trasformarsi in una sorta di vendicatore mascherato, che uccide tutti quelli che reputa colpevoli della morte dell’amato.

La prosivendola è certamente un testo vivace: è vivace l’eloquio di Pennac, ricco e colorato, ed è vivace la trama, piena di eventi, più o meno grotteschi e più o meno credibili. Di fatto siamo di fronte a una mistura tra una commedia e un giallo.

Tuttavia, se devo essere onesto, si tratta di una mistura che non mi ha appassionato, che anzi mi ha lasciato indifferente e che ho portato a termine più per dovere che per piacere.

Anche la lettura de Il paradiso per gli orchi, a suo tempo, non mi fu immediata: iniziato, interrotto, ripreso e poi terminato. La differenza con La prosivendola è che, alla fine della fiera, il primo mi è piaciuto più del secondo libro, che a dire il vero per larghi tratti mi ha annoiato, da cui la valutazione mediocre. 

La prosivendola a parte, evidentemente Pennac non mi è molto congeniale come scrittore.

Fosco Del Nero


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Titolo: Lo scrittore mago.
Scrittore: Loretta Sebastianelli.
Genere: saggistica, scrittura.
Editore: Uno Editori.
Anno: 2018.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


Sarò sincero: ho acquistato Lo scrittore mago, testo saggistico di Loretta Sebastianelli, esclusivamente perché l’ho visto in vendita a 1 euro in un negozio online presso il quale stavo già effettuando un ordine.

I due motivi aggiuntivi che mi hanno spinto all’acquisto sono stati il titolo, il quale faceva intendere un processo di scrittura originale, e anzi dalla tendenza interiore e profonda (unitamente all’editore, che si occupa di crescita personale) e il fatto che l’argomento della scrittura mi interessa per definizione, essendo io stesso uno scrittore.

Forse quest’ultimo punto è stato quello decisivo per farmi valutare Lo scrittore mago in modo non troppo elogiativo, nel senso che ho trovato scontati quasi tutti i contenuti dell’opera, nonché tendenzialmente mentale-cerebrale lo stile e l’energia di fondo.

Nel dettaglio, le citazioni di cui l’autrice si avvale a completamento del suo discorso confermano questo secondo punto... come dico sempre, parafrasando un noto proverbio: "dimmi chi citi e ti dirò chi sei".

Il sottotitolo, che prometteva una “guida pratica al processo alchemico per trovare la tua vera voce creativa” l’ho trovato piuttosto eccessivo e, in definitiva, il testo non fa che elencare alcuni punti, corredandoli di alcune argomentazioni ed esercizi, spesso banali i primi e i secondi.

Ma forse, sarò sincero anche qui, sono eccessivamente critico nei confronti dell’opera recensita, dal momento che probabilmente essa si rivolge a chi non hai mai scritto, o lo ha fatto in modo incerto, e non a chi di libri ne ha già scritto una ventina… e che non ha alcun problema di struttura o di blocco creativo (almeno, finora).

In effetti, molti dei punti esposti li osservo anche io (compreso il principio della “creatività all’interno di una struttura”)… il che vuol dire che li apprezzo e li ritengo validi.

Diciamo che dai suddetti titolo e sottotitolo, nonché dalla pubblicazione dell’editore in questione, mi attendevo un’opera davvero “magico-alchemica”, cosa che Lo scrittore mago assolutamente non è… pur essendo probabilmente utile a livello di consigli e di sprone per i neofiti della scrittura.

In questo caso, l’autrice mi perdoni di aver valutato il testo dal mio punto di vista.

Fosco Del Nero


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Titolo: Asutra - Ciclo di Durdane 3 (The asutra).
Scrittore: Jack Vance.
Genere: fantascienza, avventura.
Editore: Euroclub.
Anno: 1973.
Voto: 5.
Dove lo trovi: qui.


Dopo aver letto Il mondo di Durdane e Il popolo di Durdane, era scontato che giungesse anche la recensione di Asutra, il terzo e conclusivo romanzo del Ciclo di Durdane, scritto da Jack Vance all’inizio degli anni “70.

Purtroppo, se i primi due romanzi, pur se privi della profondità (interiore, coscienziale, spirituale) che personalmente vorrei vedere in qualunque testo, quale che sia il suo genere letterario, erano risultati dinamici e gradevoli, Asutra risulta solo dinamico e perde la freschezza dei primi due libri.

In verità, sembra più che altro una conclusione un po’ raffazzonata di quello che viceversa era cominciato come un ciclo avente una sua integrità e un suo fascino: in Asutra, invece, si perde praticamente tutto, con le cose che si fanno dispersive e davvero poco convincenti.

Ecco la trama sommaria di Asutra: dopo aver spodestato l’Anome (primo libro) e dopo aver scongiurato la minaccia dei Roguskhoi (secondo libro), Gastel Etzwane decide di andare alla fonte del problema, cercando di scoprire chi minaccia l’umanità di Durdane. Scopre che sono gli Asutra, una razza aliena capace di connettersi con un “ospite” orientandone il comportamento. Ci ha provato con l’umanità, e ancora prima ci aveva provato con la razza dei Ka, vivente in un altro pianeta.

Se il primo romanzo aveva come elemento centrale gli intrighi di palazzo e la strategia operativa, mentre il secondo la strategia bellica contro i barbari invasori, il terzo si dedica ad astronavi, viaggi spaziali e combattimenti… un calo netto di qualità che onestamente non mi sarei atteso.

Ma forse, banalmente, Vance non sapeva come far proseguire il ciclo oppure era intenzionato a chiuderlo il prima possibile. Lo stesso finale di Asutra lascia il tempo che trova, col personaggio che, ancora una volta, sembra non sapere cosa fare della propria vita.

Insomma: bene il primo, bene il secondo, male il terzo.
Questo potrebbe essere il giudizio sintetico sul Ciclo di Durdane di Jack Vance, il quale è un buon autore quando indaga l’aspetto psicologico e sociologico dei personaggi e dei mondi che crea, ma che scivola nella mediocrità più assoluta quando si dedica all’azione e al mero dinamismo.

Fosco Del Nero


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